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Archive for agosto 2008

Questo è l’ultimo brano dal capitolo “La Rabbia”. Ci sono ancora due capitoli e il libro è finito. Ma avremo tante altre cose da fare successivamente. Restate con me!

L’espressione della rabbia è il passo più importante della guarigione, ma è importante ricordare che la nostra rabbia spesso è alimentata da un immagine di Dio che dobbiamo rivedere. Sebbene la tradizione Giudeo-cristiana afferma che Dio ha una natura che va oltre il concetto maschio-femmina), l’immagine che permane è quello del Padre Onnipotente che è in controllo e al di sopra di noi. Questa visione limita la nostra capacità di avvicinarlo e questo è negativo. L’immagine maschile non mette in evidenza la natura femminile di Dio, che invece, c’è (la Misericordia, per esempio, è spesso raffigurata come donna).

Tra i tanti attributi di Dio, che sono stati studiati dai teologi, c’è il concetto del Dio “prossimo”. Questa descrizione spesso è messa da parte, ma la parola stessa ci dice che Dio è vicino, che è coinvolto, che vive con noi come parte di noi, e noi siamo parte di Lui.

Chiunque abbia fatto esperienza di Dio in preghiera, conosce la saggezza di questa descrizione. Coloro tra noi che hanno invitato il Signore a partecipare nel nostro dolore, intuiscono ancora più profondamente questa verità. Dio è parte di noi, soffre con noi, piange con noi, diventa uno con noi nella sofferenza. Dio condivide le nostre ferite. Lui non ci guarda mentre piangiamo, ma piange anche Lui.

Quando sperimentiamo il Dio prossimo, il Dio che fa parte di noi, intravvediamo l’immagine dei tratti femminili di Dio. Se Dio abita in noi, conosce la nostra femminilità; non è lontano ma è coinvolto con i nostri ritmi, nelle emozioni, nel nostro morire e risorgere ogni giorno. Un Dio interiore che sperimenta i nostri sentimenti ci tocca di più, ci aiuta ad aprirci di più, e così gli permettiamo ancora di più di essere coinvolto nella nostra storia. Quando facciamo quest’esperienza, cominciamo ad essere capaci di vedere Dio con occhi diversi: Lui non è stato lì a guardare, ma invece era uno con noi in quella tragedia. Abbiamo subito abusi, ma li ha subiti anche Lui: è stato spezzato e ferito come noi. Con la nostra guarigione, guarisce anche Lui; quando proviamo rabbia, lo prova anche Lui.

Il concetto del Dio prossimo, confermato dalla nostra esperienza di un Dio che soffre con noi, ci aiuta ad andare oltre l’idea di un Dio in controllo di tutto, che in qualche modo richiamava alla mente coloro che hanno abusato di noi. Liberarci di quell’immagine aumenta la nostra capacità di entrare in un rapporto più intimo con Lui, che ora può diventare il nostro compagno nel viaggio verso la guarigione.

 

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Amici, dopo una pausa per ferie (e per spaziare su altri argomenti importanti) eccoci giunti quasi alla fine del lungo capitolo sulla rabbia (1 – 2 post ancora), e ci avviciniamo all’accettazione di quanto è accaduto: un altro passaggio difficile ma fondamentale nella via verso la guarigione. Vi abbraccio.

Rivalutazione degli insegnamenti del Cristianesimo
E’ importante camminare con la Chiesa nella sua ricerca e lotta per la verità. Negli ultimi anni, la Chiesa ha iniziato a modificare in qualche modo la sua posizione riguardo alla rabbia, ed è giunta ad una importante distinzione: che c’è una differenza tra la rabbia giusta e quella vendicativa. Oggi i Cristiani credono che ci siano delle azioni considerate intrinsecamente sbagliate.

L’azione di Gesù che scaccia i commercianti dal Tempio ci insegna il significato della rabbia giusta (Mt 21:10-17, Mc 11:11, Lc 19:45-46, Gv 2:13ecc) Un esempio della rabbia vendicativa ci viene proposto nella storia di Giuseppe, il ragazzo venduto in schiavitù dai suoi stessi fratelli, i quali erano gelosi del suo rapporto speciale col padre (Gen 37:1-36) L’errore dei suoi fratelli non era nell’aver provato gelosia e rabbia, ma perché hanno espresso questa loro rabbia in maniera inappropriata e crudele. Questa distinzione può aiutarci ad avvicinarci a Dio con i nostri sentimenti di rabbia giusta.

Come sopravvissuti abbiamo il diritto di provare sentimenti di sdegno e rabbia. Siamo stati violati nella nostra innocenza e vulnerabilità. La rabbia che proviamo è certamente una rabbia giusta, ma dobbiamo imparare a fare una distinzione tra la rabbia costruttiva e quella distruttiva. Questo si riferisce al fatto che, anche se abbiamo diritto alla nostra rabbia, essa ci può essere utile alla guarigione solo se la esprimiamo in maniera costruttiva. Questo significa esprimere la rabbia in modi che promuovono la vita e aiutano il nostro e l’altrui benessere. La rabbia costruttiva è una espressione sincera ed onesta dei nostri sentimenti, una affermazione che siamo stati feriti terribilmente.
La rabbia distruttiva, invece, è la repressione dei nostri sentimenti o qualsiasi azione che possa condurre alla violenza contro noi stessi e gli altri. La rabbia distruttiva non promuove la nostra guarigione, ma la inibisce. La meta in questa fase di guarigione è di scoprire nuovi e costruttivi modi per affrontare la nostra rabbia e di eliminare i modi distruttivi di pensare ed essere.

Posso odiare Dio?
Nel rivalutare le nostre presupposizioni che nascono dalla nostra infanzia e giovinezza, si svela la domanda centrale: è lecito provare rabbia e addirittura odiare Dio? La risposta a questa domanda si trova nella saggezza di un proverbio buddista molto semplice: “Un novizio chiese al suo maestro quante vite fossero necessarie per raggiungere Nirvana. Il maestro rispose “Per colui che ama Dio, sette, ma per colui che lo odia, solo tre”.
La nostra rabbia e odio ha la potenzialità di creare una maggiore intimità tra noi e Dio. Noi ci rivolgiamo a lui come essere umani, e portiamo in questo rapporto l’intero spettro dei sentimenti umani: amore, odio, tenerezza e disperazione. E’ solo con un’onesta espressione di sentimenti sinceri, che si può entrare in un rapporto più stretto con Dio. Siamo molto consapevoli dell’importanza dell’onestà nei nostri rapporti; dobbiamo seguire questa saggezza anche nel nostro rapporto con colui che ci ha creato.
Certamente il Dio che ci ha creato ci ama come siamo. Non possiamo separare le emozioni pie da quelle di rabbia. Dobbiamo credere che Dio ci ama così: umani e arrabbiati.
Infine, noi crediamo che il Creatore conosca i nostri cuori. Senza dubbio, il Signore sa bene cosa proviamo. Lo scopo dell’espressione della rabbia è di aiutarci ad aprirci a Lui, in modo che possiamo mettere in moto questi sentimenti e, nel tempo allontanarli. Dio non sarà sorpreso dalla nostra rabbia. L’unica sorpresa l’avremo noi, quando ci rendiamo conto della possibilità che nasce da essa, quella di una maggiore intimità con Dio.
Forse dovremmo prendere come esempio i Profeti: uomini e donne appassionati che hanno affrontato il Signore anche duramente, reclamando giustizia, parlandogli dal cuore della disperazione e della speranza. Se Dio ha accettato le loro grida, accetterà anche le nostre.

Riconoscere la nostra rabbia
Dopo aver rivalutato le nostre presupposizioni, il secondo passaggio è di riconoscere la nostra rabbia e di capirne le motivazioni. Un modo efficace per aiutarci ad esplorare queste emozioni e chiarire i nostri sentimenti, è di scrivere, un diario, una lettera a noi stessi, perfino una lettera a Dio, possono aiutarci ad aprire quel canale di comunicazione troppo a lungo bloccato.

Esprimere la rabbia
Il terzo passaggio nello sforzo di fare pace con Dio è di esprimere la nostra rabbia apertamente e sinceramente. Dobbiamo raccontargli quello che è successo, che effetto ha avuto su di noi, e cosa proviamo. Se rivendichiamo la mancata protezione nei nostri confronti, o lamentiamo il senso d’ abbandono, glielo dobbiamo dire. Dobbiamo avere il coraggio di sfogare il contenuto dei nostri cuori e poi ci dobbiamo fermare ad ascoltare con tutto il cuore – Ascoltate!

Scrivere
Forse non abbiamo questo coraggio di esprimere apertamente la nostra rabbia. Un modo per aiutarci a farlo, come menzionato poc’anzi è attraverso la lettura delle Scritture (in modo particolare i Salmi (13, 22, 77). I salmisti ci forniscono un modello di comunicazione con Dio.
La scrittura di un diario ci permette di alleviare quel senso di imbarazzo che potremmo provare inizialmente. Averlo scritto prima ci aiuta a mettere ordine ai sentimenti e poi si può leggere il messaggio ad alta voce come preghiera.

Pregare nella Natura
In un modo misterioso, la natura mette in risalto la nostra umanità e ci permette di sentirci liberi. Per questo motivo, pregare col cuore in mezzo alla natura è sempre un’esperienza che ci affranca e ci guarisce. Le meraviglie della natura ci ricordano la nostra umanità: la sua energia guaritrice ci conforta nel nostro dolore. Un luogo appartato, silenzioso è il posto ideale dove possiamo lasciar fluire dal nostro cuore i nostri sentimenti e parlargli dell’ingiustizia subita. Trovo personalmente che parlare ad alta voce mentre cammino, mi permette di esprimermi e allo stesso tempo spendere un po’ di quell’energia che ho caricato dentro. Il movimento aiuta a portare la rabbia in superficie.
Una camminata lungo la spiaggia in una giornata ventosa, con il frastuono delle onde che si abbattono sulla riva ci aiuta come immagine del nostro subbuglio interiore. Lasciate che le parole vi salgono alla bocca dal profondo, lasciate sfogare quell’energia, proprio come il mare. Raccogliete dei sassi e tirateli con forza nell’acqua, osservate come spariscono ad uno ad uno.

Dobbiamo trovare il coraggio di compiere questi passaggi, altrimenti non potremo andare oltre l’esperienza di abusi. Il soffocamento delle nostre emozioni non fa altro che perpetuare il pensiero che gli altri, inclusi i nostri aguzzini, sono più importanti di noi stessi. In termini molto semplici ci troviamo ad un bivio: continuare ad evitare questo passaggio ci porta all’auto distruzione. Esprimere la rabbia porta ad una nuova vita

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