Feeds:
Articoli
Commenti

Ciao, Mamma…

Molte cose sono accadute dal mio ultimo post, tra cui la morte di mia mamma. E’ un’esperienza che mi ha cambiato la vita in modi che non ho nemmeno iniziato a comprendere…è passato poco tempo. Credo di aver passato tutta la mia vita in preparazione per questo momento, con ogni distacco, ogni volta che tornavo in Italia dopo un soggiorno a casa dei miei in America. Quei distacchi erano delle ferite al cuore, che però non l’hanno indurito, l’hanno solo allenato al momento del vero distacco. Tuttavia nel mio cuore alberga una gioiosa serenità, perchè ora che mia mamma non ha più limiti di tempo e spazio, me la sento vicina più che in ogni altra fase della mia vita. Lei è qui con me, e vive…non solo nel mio cuore, ma con Dio. Era una donna eccezionale, come potrete leggere nel tributo che le ho dedicato,e che ho letto durante la sua veglia, in presenza degli amici e parenti più cari.

Devota alla famiglia, leale, divertente, di buon cuore e profondamente spirituale, sono 5 attributi che riassumono la figura di mia mamma, Anna Maria.

Lei apparteneva a quella generazione di donne che credono ancora che la mamma sia l’angelo del focolare. C’era una volta in cui il focolare era il centro della vita della casa, il posto più caldo dove si riceveva il nutrimento fisico, emotivo e spirituale necessario per vivere. Ebbene, mia mamma ha certamente incarnato appieno questa definizione. Era totalmente dedicata alla famiglia e si è sacrificata completamente per noi. Lei rappresentava quel “posto caldo”, dove chiunque si sentiva accettato, e poteva confidare i propri segreti sapendo che lei li avrebbe meditati nel suo cuore e affidato solo a Dio, non al pubblico generale, confidando che il Signore avrebbe risposto.
La mia mamma era una persona molto divertente. Amava ridere, sia di se stessa che di tante situazioni, anche drammatiche. Con un luccichìo negli occhi vivaci, mia mamma spesso ci faceva degli scherzi, e non disdegnava di farsi un giro sull’altalena o saltare sui letti con i nipotini quando erano piccoli. Ci sono centinaia di episodi di cui molti di voi siete stati testimoni, che ci faranno ancora ridere quando ci tornano in mente e ci faranno sentire meglio anche ora che siamo nel pianto. Questo era in parte il segreto di come è sopravvissuta alla morte di Mario: lei si beava nei ricordi che la facevano ridere.

La sua generosità era leggendaria. La nostra casa era aperta a chiunque avesse bisogno di un pasto, una chiacchierata o un rifugio, che fosse per alcuni giorni o alcuni mesi. Lei era orgogliosa di sapere che i suoi ospiti, che fossero membri della famiglia allargata o perfetti sconosciuti, si sentissero accettati e amati nella sua casa. E lei era così in ogni circostanza della sua vita. Se si fermava a parlare con qualcuno, potevi constatare che in realtà, avveniva un incontro di anime, poichè lei li guardava negli occhi e li trattava come persone speciali. Io spesso penso che l’affetto mostrato dagli amici alla nostra famiglia nel corso degli anni, in particolare dopo la morte di Mario, fosse un gesto per onorare lei, più che per noi. Ma io spero vivamente che la vostra amicizia continuerà anche ora che l’angelo del nostro focolare se n’è andata. Anche se non ho dubbi che spiritualmente, lei sia qui con noi, la sua presenza fisica ci mancherà terribilmente.

Mia madre non era una persona accademicamente preparata, ma sapeva stare anche tra le persone più istruite, perché lei era sopra ogni altra cosa, una maestra di intelligenza spirituale, o possiamo dire, un dottore dell’anima. Lei diceva sempre “io amo Dio e gli altri, anche coloro che hanno ferito o dimenticato me o la mia famiglia; quando vedo un bambino, provo una gioia immensa, e quando qualcuno si sente giù, io so cosa dire o fare per farlo sentire meglio.”

Questo era perche lei sapeva pregare…non recitare le preghiere, anche se solo Dio sa quante volte abbia pregato il Rosario nella sua vita. Detto semplicemente, lei conosceva il segreto per restare in collegamento con Dio, con l’aiuto dei suoi santi patroni, quelli che ha conosciuto personalmente, e attraverso il suo amore per la natura.
Con la sua semplicità, lei parlava con Padre Pio o Madre Teresa, e gli diceva quello di cui aveva bisogno, ogni giorno, ogni volta che guardava le loro immagini nella cameretta soleggiata, che una volta era mia e di Rosanna, che è diventata nel tempo il suo rifugio, la sua cappella. Sappiamo che dopo la morte di Mario, lei disse a Padre Pio che non aveva la forza di andare avanti, che era come una bambina tra le sue braccia. Gli disse “tu DEVI aiutarmi!”, e confidava che l’avrebbe fatto davvero.

E poi, la sua amatissima natura…si sedeva fuori e l’assorbiva; provava gioia nel silenzio definito e sottolineato dal cinguettio degli uccelli o dallo scalpiccìo degli scoiattoli. Essendo una contemplativa, mia mamma amava parlare di cose spirituali. Si meravigliava al pensiero di “che cosa siamo noi”, “come ha fatto Dio a farci così perfetti”, ed era profondamente grata per I tanti doni che ci ha elargiti.

Per riassumere questo atteggiamento, mia madre ha bevuto profondamente dal calice che le fu dato, sia nella gioia che nel dolore.  Nelle ultime settimane della sua vita, lei ha abbracciato la sua croce al massimo delle sue possibilità, fino a diventare una con Cristo. Io so con certezza che qualcuno in questo mondo, forse anche tra di noi, sta godendo del beneficio di tanta generosità.

Esistono delle persone nel mondo che ci lasciano un buon profumo e una gioia nel cuore; una sensazione che genera speranza e ci dà la forza di andare avanti, semplicemente ricordandole. Mia mamma era una di queste persone e sono profondamente grata a Dio per il meraviglioso dono che ci ha dato. Tutti noi in famiglia faremo del nostro meglio per seguire le sue orme, e raggiungere le altezze che lei ha raggiunto, per godere anche noi del premio che riceverà nel cielo insieme ai suoi amati patroni, con Mario e gli altri affetti che l’hanno preceduta.

Anche se siamo convinti del contrario, in realtà ognuno di noi ha sperimentato in qualche momento l’amore disinteressato che magari ci ha dato forza e coraggio quando tutto sembrava perduto. Queste persone secondo me sono degli angeli, perchè ci mostrano l’attenzione delicata di Dio.

Uno dei miei angeli abitava di fronte alla fermata della scuola bus e nelle giornate rigide, ci offriva riparo.

A lei dedico questo pensiero, anche per ricordare a me stessa che devo mantenere vivo il ricordo di quelle persone che mi hanno illuminato la strada nei tempi bui. Nel mio ultimo viaggio a casa qualche settimana fa, sono tornata nel quartiere in cui sono cresciuta, e ho scattato una fotografia della casa/rifugio e dell’angolo dove attendevamo l’arrivo della scuola bus. La fermata distava circa 200 metri da casa mia. Mi ha fatto una certa impressione vedere anche la mia vecchia casa, il mio vecchio quartiere. Nei miei ricordi, tutto era un pò più grande, più spazioso, invece le strade sono strette. Mi ha fatto piacere notare che non si è degradata molto la zona.

La fermata

L’Angelo della Fermata del Bus

I segreti del mio cuore
si schiudono e tu
m’illumini sui segni
della tua presenza
discreta,
e m’accorgo che eri li
da sempre, e che non
mi avevi abbandonata.

Nelle mattine gelide
aspettavamo la scuola bus
gialla,
sbilenca,
ammucchiati
come i bisonti
della grande prateria
per condividere il nostro calore.

E tu ci inviavi il tuo
angelo che,
mosso a pietà
ci invitava nel tepore
della sua casa.
Era come un ritorno
nel grembo,
in quel luogo sicuro
dove nessun male
ci poteva toccare.

E lì trovavo
il conforto e la forza
per affrontare
la giornata che,
come un ragno
aspettava.

Domande senza tempo e senza confini…come sconfinato è stato il dolore che ho provato quando ho trovato ieri, ripiegato in un cassetto in camera di mia mamma, l’ abitino della mia prima comunione. Non si usavano abiti lunghi dalle nostre parti. Il mio era un abitino corto, di pizzo bianco, di linea semplicissima (che a me non era piaciuto a suo tempo). Non ricordo molto di quel giorno, se non che tremavo all’idea che Gesù sarebbe entrato in me e avrebbe visto tutta la sporcizia di cui ero invasa. Non è stato un giorno felice per me – conseguentemente io l’ho vissuto male.

Penso a tutte le chiacchiere intorno e provenienti dalla Chiesa in questi ultimi tempi e sento che nulla ha senso di fronte al dolore di un bambino che incontra lo scandalo, che sia frutto di un prete o un altro comune mortale, che sia di natura sessuale o di altro genere (guerra, fame, sete). E’ vero che il male nasce dentro di noi, anzi nasciamo con il segno della prima ribellione dell’uomo, ma quando viene “forzato”, quando l’anima ne diventa consapevole prima del tempo (quando l’anima s’accorge per la prima volta di essere “nuda” per causa di un adulto), si provoca uno squarcio nel cuore di quell’anima. Per questo penso che nessun gesto, nessuna dichiarazione, nessuna riparazione, nessun digiuno, nessuno sforzo umano potrà mai riparare il danno. Credo che solo la mano di Dio potrà farlo. Tutto il resto è e rimarrà sempre inadeguato, insufficiente, insoddisfacente. Ma non per questo non deve essere compiuto ogni forma di giustizia o riparazione. Non per questo si deve mettere di nuovo tutto a tacere anche se, più se ne parla, maggiore è lo sconcerto. Purtroppo questo è un male necessario, come quando, per guarire un ustione, bisogna tagliare via ogni giorno la pelle morta, altrimenti si rischia l’infezione e la gangrena. Vorrei solo che la Chiesa la smettesse di pensarsi sotto attacco ingiustamente. C’è una parte di Chiesa che non è innocente, e questo dovrà emergere, costi quel che costi. Non sarà indolore, ma non è ingiusto, secondo me. Io vedo qualche squarcio di luce, ma ci sono ancora molte ombre. Così come, guardando il mio abitino (anima), ho notato che non è perfettamente bianco…ci sono diverse ombre. Sta a me lavorarci su. Sta a me liberarmi di esse, così come sta alla Chiesa permettere al male che è venuta alla luce negli ultimi anni di essere purificato -senza lamentele, ma con coraggio e consapevolezza, così come Gesù si è consegnato senza fiatare, pur essendo L’Innocente.

 

Tratto dal libro di Lynne Finney, REACHING FOR THE RAINBOW.

1. Mi sto inventando tutto? Come faccio a sapere che i miei ricordi sono veri?

Se ti sei mai fatto queste domande, sappi che non sei solo. Queste sono le domande più comuni dei sopravvissuti ad abusi. Dubitiamo dei nostri ricordi perché non vogliamo credere che delle cose così terribili siano successe a noi. Ma il fatto è che i nostri ricordi sono veri, e noi siamo sopravvissuti a quegli eventi.

Mentre mi tornavano a galla i ricordi personali di abusi, chiedevo ripetutamente al mio terapeuta se fosse possibile che mi sia immaginata quelle scene di abusi e torture così bizzarre e incredibili. Loro rimanevano sorpresi da queste domande perché sembrava che le facessi sempre appena dopo aver recuperato un nuovo ricordo, e dopo aver sperimentato di conseguenza, delle emozioni violentissime. Essi mi ricordavano che avevo reagito istericamente e che avevo provato un dolore terribile, pertanto, come potevo dubitare di me stessa?

Da quando sono diventata terapeuta, ho aiutato i miei pazienti innumerevoli volte a superare la stessa situazione. Quando parlo nel contesto di un seminario o un workshop, persone che non conosco mi chiedono se è possibile immaginare abusi. A queste persone rispondo sempre, “ti pare che se ti fossi inventato una cosa del genere, proveresti delle emozioni così complesse?” La risposta è sempre “No”, ma l’incertezza continua. Tutti ci chiediamo perché non abbiamo l’immediata certezza interiore circa ciò che proviamo.

La risposta è molto semplice. Nessuno vuole credere che un tale orrore possa mai essere accaduto. La nostra mente ci protegge in modo naturale da informazioni sono troppo dolorose da affrontare, per darci il tempo di compiere quegli adeguamenti mentali necessari per far fronte ad esse. Abbiamo bisogno di tempo per capire, per accettare la verità, per elaborare le nostre emozioni e per guarire. La nostra mente ci fornisce il tempo necessario tramite la forma di difesa chiamata “diniego“.

Nel caso della morte, noi accettiamo senza difficoltà l’esistenza del diniego. Quando ci dicono che un nostro caro è morto, o che stiamo per morire noi, la nostra prima reazione è di negare la verità. Gli abusi sessuali sono una perdita più traumatica della morte. Le vittime di abusi possono perdere l’amore, la fiducia, l’autostima, la felicità, l’innocenza, l’ infanzia e la famiglia. E come detto anche nel libro di Sandra che abbiamo trattato in precedenza, le vittime attraversano le stesse fasi del processo del lutto descritte dalla dott.sa Elisabeth Kubler-Ross riguardanti la morte o altre grandi perdite.
Sperimentiamo il diniego (no, non a me!), rabbia (perché a me?), bargaining (si, a me, però…) depressione (si, a me), e infine accettazione (un lasciar andare, accettare ciò che non puoi cambiare con un senso di pace e serenità). Uno dei miei clienti ha detto che ha dovuto attraversare l’intero processo del lutto ogni volta che recuperava un nuovo ricordo, contemporaneamente alla sua lotta per accettare l’idea stessa di aver subito abusi.

Le vittime di abusi possono “bloccarsi” nella prima fase, il diniego, per molti motivi. Il diniego è incrementato dal fatto che l’abusatore è solitamente un genitore o un parente (intorno all’80 % dei casi) . Il tradimento da parte di un genitore o un amico fidato è così devastante che il diniego prende piede facilmente. I sopravvissuti ad abusi possono sperimentare questo diniego da adulti, quando non sono ancora pronti per accettare la verità di ciò che gli è accaduto, ma la stessa cosa può accadere da bambini durante gli abusi stessi.
I bambini usano il diniego e la dissociazione per proteggersi da un mondo così doloroso e devastante che non riescono ad affrontarlo mentalmente. Per i bambini, le emozioni durante gli abusi sono così forti e spaventosi, che possono pensare di impazzire. La mente è obbligata a bloccare e negare una realtà inaccettabile per proteggerci appunto dalla pazzia e perfino dalla morte.

Da adulti, la paura che abbiamo provato da bambini si scatena quando cominciamo a recuperare i ricordi repressi e altre emozioni che abbiamo provato durante il periodo di abusi, come la rabbia e la depressione. Il bambino interiore è terrificato che se emergessero i ricordi e i sentimenti che provavamo, impazziremmo davvero. Anche se da adulti noi desideriamo recuperare i ricordi in modo da guarire il più presto possibile, una parte di noi lotta per tenerli nascosti.
Proviamo emozioni violente, troviamo spiegazioni per i nostri comportamenti; magari anche conferme da parte di altri, evidenze fisiche, ma ciononostante, la nostra coscienza continua ad infondere una incredulità e una sensazione irreale fin quando non siamo veramente pronti per accettare la verità.

Lynne Finney, Survivor’s Questions, Reach for the Rainbow.

Tratto dal libro di Lynne Finney, Reaching for the Rainbow.

Congratulazioni! Se sei stato abusato sessualmente o fisicamente e stai leggendo questo libro, tu sei un sopravvissuto. Sei sopravvissuto ad una delle esperienze più difficili e dolorose della vita. Forse sei stato violentato, malmenato e umiliato; hai provato una tremenda paura, rabbia, odio, colpevolezza, tristezza, vergogna, e la tua sanità mentale è stata messa alla prova. Potresti sentirti in questo modo anche si nessuno ti ha mai toccato, ma sei stato assoggettato alla minaccia di violenza sessuale. Probabilmente hai incontrato questi orrori durante l’infanzia, quando avevi meno risorse di adesso. Inoltre, hai sofferto nella totale solitudine, perché nessuno ti ha salvato o aiutato. Sei riuscito a farcela anche se non avevi nessuno su cui contare se non te stesso.

Il fatto che sei vivo adesso e stai leggendo questo libro significa che sei incredibilmente forte, coraggioso e intelligente. Sei riuscito a proteggere te stesso. Hai già provato che sei capace di badare a te stesso; tutto ciò che serve ora è un po’ d’aiuto per facilitarti.

E tutti i problemi che stai affrontando ora? Non sono altro che gli effetti collaterali dei sentimenti non risolti, e il frutto di scelte fatte in momenti dolorosi, scelte che forse non ti sono più di aiuto. Questi problemi sono molto meno dolorosi e dannosi di quello a cui sei già riuscito a sopravvivere.

Non sto cercando di minimizzare il dolore che provi ancora. Dato che ho attraversato lo stesso dolore e confusione per 40 anni della mia stessa vita, e a causa del mio lavoro con altri sopravvissuti di abusi sessuali, non darò sconti sulla confusione, dolore, paura, rabbia, depressione, vergogna e comportamenti disfunzionali causati dagli abusi. Ti chiedo solo di prendere un minuto e confrontare ciò che avete già passato con ciò che stai attraversando ora. Penso che scoprirai che il peggio sia passato.

Mentre leggi questo libro, potresti trovare che quello che dico sia troppo ottimistico. Io certamente non ero ottimista quando ho iniziato a recuperare i ricordi degli abusi subiti. Ero un pessimista patologico ed ero depressa. Come alcuni di voi, ero talmente sofferente che non credevo di poter mai essere felice. Non sapevo cosa fosse la felicità. Ma dopo più di due anni di terapia e tecniche di auto aiuto, la mia vita è cambiata drammaticamente. Sentivo una grande pace dentro e ho iniziato a provare gioia.

Non penso di essere speciale, perché conosco altri sopravvissuti che hanno sperimentato delle simili trasformazioni. E non penso che tu sia così speciale da non poter cambiare la tua vita in modo positivo. Il mio scopo nello scrivere questo libro è di farti sapere i fatti riguardanti il tuo problema e di rassicurarti che, anche se la tua vita sembra una catastrofe in questo momento, tu starai meglio e troverai la felicità. Ci sono molti modi per farlo.

Questo libro sarà come una terapia attiva mentre leggi. Ho incluso molte delle stesse tecniche di riprogrammazione che uso nelle sedute con i miei pazienti, per aiutarti a correggere alcuni preconcetti riguardanti te e gli abusi. Questo libro contiene alcune tecniche di auto-aiuto che sono state testate e sono di provata efficacia per il recupero delle vittime di abusi. Sono state studiate per aiutarti a superare alcuni dei problemi che stai affrontando adesso.

La cosa più importante da riconoscere è che ora tu sei in controllo della tua vita. I problemi che hai adesso sono una cosa che tu puoi controllare, un controllo che non avevi quando eri vittima di abusi.

Molti di noi provano un tremendo senso di vergogna a causa di quello che ci è stato fatto. Ma non abbiamo capito una cosa. La vera colpa è di chi ci ha fatto del male. Non è colpa nostra. Io spero che questo libro ti aiuterà a capire che non hai colpa.  Tu non eri in controllo in quel momento, ma ora lo sei. Hai il potere di rendere la tua vita quello che deve essere.

Spero che questo libro ti aiuti a scoprire le tue forze, rispondere alle tue domande, confortare il tuo dolore, e prendere in mano le redini della tua vita. Ho deciso di scrivere questo libro perché voglio tirare fuori qualcosa di buono dal mio dolore. A volte le cose che dico possono sembrare semplicistiche, ma ricorda, io ci ho messo più di 40 anni per raggiungere questo luogo. Non sono arrivata con facilità a questo traguardo. Io spero solo che la mia esperienza e la consapevolezza che ho raggiunto possano esserti d’aiuto a raggiungere più facilmente e velocemente lo stesso traguardo.

Se questo libro non ti sarà d’aiuto, non fermarti qui. Vai in libreria, cerca nei libri di auto aiuto, o di spiritualità e scegliti i libri che ti attraggono. Probabilmente quelli verso i quali sarai attratto, sono quelli di cui hai bisogno. E’ arrivato il momento di dedicare del tempo e cure a te stesso. Scegli persone che ti fanno sentire a tuo agio per aiutarti. Cammina secondo il tuo passo. Hai sofferto abbastanza. Soprattutto, è ora di renderti conto che meriti la felicità. Potrai dare la colpa di tutto ai tuoi abusatori per tutta la vita, oppure potrai andare avanti nella vita nella sicurezza che vivere bene è la migliore rivincita.

Lynne Finney, “Reach for the Rainbow”, Introduzione

Perigree Books, 1990,1992